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POLISSE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 febbraio 2012
 
di Maiwenn le Besco, con Karin Viard, Joey Starr, Marina Fois, Maiwenn, Nicola Duvauchelle, Sandrine Kiberlain, Riccardo Scamarcio (Francia, 2011)
 
Accolta dapprima con molta sufficienza, magari un filo maschilista, e ripartita infine alla grande con un sorprendente Premio della Giuria, l'opera terza della seducente Maiwenn, nota da tempo in Francia per aver recitato da ragazzina il ruolo d'Isabel Adjani giovane in L'ETE MEURTRIER di Jean Becker, ha costituito una delle sorprese dell'ultimo Festival di Cannes. POLISSE dipinge la vita quotidiana dei poliziotti della Brigata di Protezione Minori parigina. Ora, quando si parla di “quotidiano” nel cinema francese si pensa subito a un cinema dell'istante presente, della resa immediata di una situazione (eventualmente a scapito di una progressione drammatica nel tempo) come quello di Maurice Pialat.

Dire che questa cronaca, pure firmata nella sceneggiatura dalla regista Emmanuelle Bercot, non sfiguri al confronto di un'opera ambientata in ambienti simili e rimasta emblematica come POLICE sarebbe eccessivo. Ma la Maiwenn attrice - regista, che compare nel film come fotografa magari un attimo compiaciuta, è per contro una testimone dallo sguardo a dir poco perspicace, di fronte alle decine di situazioni alle quali sono quotidianamente confrontati i membri della Squadra nel far fronte alle violenze cui l'infanzia è regolarmente sottoposta: prima fra tutte la pedofilia, a cominciare da quella commessa dai genitori medesimi. Osservatrice interessata, ma coerente, in un film che viene a situarsi a metà tra il documentario oggettivo alla Depardon e una finzione: ammirevolmente costruita in sceneggiatura sulla presenza di un gruppo di attori dalla straordnaria immediatezza, un montaggio libero e creativo, dei dialoghi di una facilità memorabile.

Fresco, immediato, attento ai risvolti dolorosi come a quelli ridanciani (logica esorcizzazione di una tensione altrimenti logorante; o scappatoia da siparietto sociale un po' più comodo?), ma giudizioso nella diversità delle tipologie di reato, degli spaccati sociali e razziali. Cosi, nella disinvoltura della direzione d'attori (il solo Scamarcio sembra piuttosto spaesato), nell'articolazione convincente del montaggio, un soggetto già svolto in passato come questo affronta bravamente il rischio di situarsi ai confini del semplicismo. Ne esce con una furbizia che una parte della critica ha sottolineato con eccessiva severità: ma sopratutto con delicatezza e generosità, perché costruito su una coralità, una sorta di solidarietà evidente fra tutti gli autori del progetto. E quale qualità, meglio della solidarietà, poteva costituire amalgama migliore in un film dedicato agli abusi nei confronti dell'infanzia?


   Il film in Internet (Google)

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